Fotografia Nuda

Tecnocrazia

Episodio #8

Introduzione

Quando non riesci più a distinguere se un’immagine genera in te un’emozione reale o una indotta siamo davanti all’apoteosi del controllo di massa. I tuoi sogni, le tue incredibili percezioni visive, sono frutto di un progetto. La fotografia è uno strumento per determinare se una guerra è giusta, se è santa, oppure se è solo necessaria. La fotografia è la carta di credito che hai in tasca, un piccolo affare di plastica che puoi utilizzare solo come ti dicono. Eppure basterebbe così poco per capirne il potenziale: essere curiosi, svegliarsi dal torpore, essere proattivi ed imbracciare la fotocamera dal lato giusto.

Tecnocrazia

Siamo abituati a leggere romanzi, vedere film o giocare a videogame dove si simula un mondo sempre più in simbiosi con la tecnologia. Dove la bio-meccanica è parte integrante del vivere quotidiano, dove l’automazione guadagna sempre più centimetri del corpo umano e allunga le sue vene elettriche su per il collo, fino alla mente. Un confine dove la fantascienza insegna alle persone ad essere curiose e vigili allo stesso tempo, perché il futuro è una proiezione incerta. 

Mentre accenno a questi scenari sono sicuro che nella tua testa è apparsa un’immagine, forse solo accennata ma abbastanza presente da farti ricordare qualcosa che hai visto, che hai sognato o che forse stai percependo proprio in questo tempo, perché ti senti già completamente connesso a qualche tipo di apparato tecnologico. 

La potenza della fotografia è esattamente questa: lasciare che la mente faccia tutto il lavoro sporco e ci mostri direttamente l’immagine che il nostro ego ha bisogno di fagocitare per sentirsi soddisfatto. La potenza della fotografia, il suo potere, è folgorare le persone. È abbattere muri, distruggere sogni e ricostruirli subito dopo. La fotografia è fatta per colpire, per denunciare, per denudare, per motivare. Fotografare è come parlare 100 lingue dimenticando di essere muto: tienilo bene a mente prima di proseguire questo pezzo!

Voglio provare a fare un gioco che spero possa insegnare qualcosa, un gioco didattico che come tutte le attività formative è un po’ finzione e un po’ cruda verità:

  1. Prova a chiudere gli occhi per una manciata di secondi ed individua almeno tre immagini che hai visto negli ultimi dieci giorni. Voglio sapere esattamente cosa raffigurano, dove le hai viste e soprattutto chi le ha prodotte. Voglio sapere almeno 5 dettagli per ognuna di esse, cose piccole che avresti dovuto notare affinché tu possa ricordartele nitidamente.

Poi passa al livello successivo. 

  1. Allarghiamo la forbice e facciamo lo stesso estendendo il periodo agli ultimi 6 mesi. Tre immagini che ti hanno lasciato senza fiato: chissenefrega se sono quadri, fotografie, manifesti pubblicitari. Tre immagini che hanno solcato la tua mente e definito un ricordo, e anche per queste voglio che tiri fuori almeno cinque dettagli che le rendano riconoscibili senza ombra di dubbio.
  2. Potrei continuare, ma per capire se stai giocando nel campionato giusto devi provare a reiterare il meccanismo e fare l’esperimento estendendo la ricerca agli ultimi dieci anni.

Ti sembra una follia?
Ti sembra strano?
Qualcosa non va?

Probabilmente più della metà di quelli che si presteranno al giochino sociale sono ancora fermi lì al primo passaggio, a cercare disperatamente di ricordare il secondo particolare della foto che hanno visto mezzo secondo su instagram l’altra sera seduti sul cesso.

La verità dietro tutte queste parole è molto semplice: siamo una sciagurata banda di distratti del cazzo. 

Crediamo di poter gestire una comunicazione attraverso le immagini, ma invece siamo soggetti passivi, siamo oggetti, siamo il comodo binario sul quale transita la tecnologia col suo carico di potenzialità, alle quali non accederemo perché abbiamo smesso di ricordare come si comunica. Siamo carne fotografica da macello. Siamo il bestiame che viene venduto a colpi di cuoricini sui social.

E quindi?

Ci alimentiamo di immagini, le mastichiamo, le mandiamo giù e il più delle volte non le digeriamo. Ma la tecnologia ce le rende invece dei facili bocconi, ce le insuffla nelle vene affinché sia chiaro il nostro approccio bulimico all’apparenza. Viviamo per le immagini, così come ci nutriamo con gli occhi prima che con lo stomaco.

Utilizziamo la tecnologia per andare al doppio della velocità, non per essere inutili scrollatori di feed prossimi alla medaglia olimpica.

Utilizziamo la fotografia per rivoltare la società come un calzino. Per fare la guerra alla guerra, per riempire i serbatoi di tutta l’energia necessaria a prendere il controllo. Perché la teocrazia, invece, inietta immagini false nella tua vita e ti fa credere che siano il punto comunicativo più alto al quale tu possa aspirare.

Se a te sta bene…

Ascolta il podcast

Il progetto

Fotografia Nuda è uno spazio interamente dedicato alla riflessione fotografica e nasce con l’idea provocatoria di sfatare miti e cliché, affrontando in modo trasversale temi più o meno noti con un taglio informale e ritmato.
Si tratta di una serie di articoli sotto forma di puntate, corredati dalla realizzazione di un podcast pubblicato sulle principali piattaforme di ascolto.

La realizzazione di questo progetto è stata possibile grazie alla collaborazione con Altro Spazio d’Arte APS.
Testi di articoli e podcast a cura di Alessandro Russo, musiche di Altro Spazio d’Arte APS e Antonio Sipala,

Come sostenermi

Sono sempre alla ricerca di persone che vogliano collaborare ad un mio progetto. 
La condivisione e la contaminazione sono alla base di qualsiasi forma d’arte.

Se le mie produzioni ti piacciono, condividile con altri appassionati!

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Per collaborazioni, informazioni sulle mie attività, workshop o progetti, scrivimi all’indirizzo info@arph.it

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