Fotografia Nuda

Fotografia Liquida

Episodio #7

Introduzione

Siamo abituati a sentire spesso parlare di società liquida, di modernità liquida, di economia liquida. Sempre con accezioni negative, che descrivono le difficoltà di equilibrio che il continuo cambiamento si porta dietro. Così anche la fotografia è diventata liquida, fruibile senza filtri e talvolta senza cultura. Rischia di perdersi in un oceano fatto di immagini, dove ogni goccia è uguale all’altra, senza identità, senza ragione di esistere. Eppure trarre vantaggio da questa condizione è possibile, utilizzare la liquidità come valore aggiunto, come aspetto democratico che renda chiaro a tutti che l’identità della fotografia deve passare per la volontà di un autore di comunicare qualcosa a qualcuno.

Fotografia Liquida

Esiste un’espressione molto famosa di Bauman che sintetizza un concetto di una complessità enorme: società liquida. Considera le moderne dinamiche di flessibilità come delle paradossali catene. Ovvero, in una modernità così ‘in divenire’, così instabile e così densa di cambiamenti, la liquidità – intesa come strumento di adattamento – potrebbe apparire come unica possibilità di bilanciamento. Ma è una sensazione effimera, che tende a distogliere l’attenzione dalla realtà delle cose: la liquidità è una costante del cambiamento e per sua natura rende certa solo l’incertezza. A pensarci bene, è una di quelle considerazioni veramente assurde, che ti entrano in testa e rimangono lì aggrappate da qualche parte nel cervello. Almeno con me è andata così. 

È come salire su una tavola da surf e cavalcare l’onda, flettere le ginocchia e trovare il punto di equilibrio giusto, magari aiutandosi con le braccia e spostando il peso sui lati o in avanti. Alla fine, sai benissimo che cadrai, comunque. È nella natura del surf accettare che il mare ti inghiotta, che ristabilisca l’ordine delle cose e insegni che ‘cavalcare l’onda’ è un privilegio temporaneo. 

Ma cosa c’entra questa digressione con la fotografia?

La fotografia è espressione della società, e anch’essa assorbe (e amplifica) ogni cambiamento. Senza rendercene conto stiamo assistendo all’identificazione di un nuovo rapporto tra le persone e le immagini. La fotografia, oggi, è uno strumento usa-e-getta che serve a comunicare messaggi brevi e sempre meno importanti: talvolta rappresenta solo un grande spreco di mezzi e risorse. Per questo occorre coniare una nuova espressione e parlare anche di fotografia liquida. Ma questa volta in senso opposto rispetto alle argute considerazioni di -Bauman. La fotografia liquida deve essere come la tavola da surf sul pelo dell’oceano: deve rallentare, deve assaporare delle storie, deve godere di ogni momento. Bisogna diventare dei bravi equilibristi e districarsi nel mare della mediocrità, è necessario guardarsi dentro con ambizione per costruire un percorso che con la fotografia descriva chi siamo e cosa vogliamo diventare. A differenza della liquidità finanziaria e globalizzata che ha mischiato tutto e tutti annullando le identità culturali e territoriali, la fotografia liquida ha la possibilità di ristabilire regole di convivenza. Le immagini sono forti, anticipano i cambiamenti, aprono porte mentali che la gente nemmeno credeva di avere. Le immagini sono la tavola sotto i nostri piedi, quello che separa il nostro corpo dall’acqua salata, che ci tiene ancorati alla speranza di non cadere rovinosamente in mare.

La fotografia liquida deve rappresentare il manifesto di un nuovo approccio comunicativo. Ma perché è così importante far assumere alla fotografia un ruolo primario in termini di comunicazione? A mio avviso le ragioni sono almeno tre. 

La prima: comunicare implica che tu abbia qualcosa da dire che abbia gli strumenti adatti a farlo. Se una di queste due componenti manca, il risultato è debole. Se entrambi questi aspetti fossero diffusamente accettati avremmo fin da subito un drastico calo delle immagini prodotte, con relativo incremento della qualità.

La seconda ragione è, permettetemi la terminologia, di natura terapeutica: fotografare aiuta il dialogo interiore. Comunicare con noi stessi è il vero motivo che ci spinge a comunicare con gli altri. Il valore introspettivo della fotografia è ciò che la eleva a forma d’arte: non sciupiamo questo valore intrinseco.

La terza ed ultima ragione per la quale credo nella riscoperta dell’aspetto comunicativo della fotografia, è anche quella più semplice: basta con le odi alla banalità! Le persone hanno vite complesse, psicologie e storie complesse. Tentare di raccontarle significa sporcarsi le mani, lavorare ad un progetto, produrre una propria visione delle cose.

In conclusione, vorrei spronare quante più persone possibili ad attivarsi nel lento processo di evaporazione della fotografia liquida moderna, affinché possa poi condensarsi, trovare un peso, costruire un’identità.

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Il progetto

Fotografia Nuda è uno spazio interamente dedicato alla riflessione fotografica e nasce con l’idea provocatoria di sfatare miti e cliché, affrontando in modo trasversale temi più o meno noti con un taglio informale e ritmato.
Si tratta di una serie di articoli sotto forma di puntate, corredati dalla realizzazione di un podcast pubblicato sulle principali piattaforme di ascolto.

La realizzazione di questo progetto è stata possibile grazie alla collaborazione con Altro Spazio d’Arte APS.
Testi di articoli e podcast a cura di Alessandro Russo, musiche di Altro Spazio d’Arte APS e Antonio Sipala,

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